« Il diritto esclusivo alla gratuità | Main | L’evoluzione del P2P, dai contenuti musicali ai fondi per produrli (p.2: i casi italiani) »

06/09/2009

Comments

Feed You can follow this conversation by subscribing to the comment feed for this post.

Bellissimo, Francesco, molto utile. Aspetto il numero 2. Ma poi, queste cose, stanno funzionando?

Interessantissimo!
Per quel che riguarda il caso francese trovo ironico il comparire della parola "major" nel nome: le prassi mi ricordano molto quelle della discografia di pari estrazione (detto da me...), con la - non trascurabile - differenza però che il discografico major tout court almeno di accolla tutte le spese secondo la vecchia regola del "rischio d'impresa"...

Grazie Rossella, sono d'accordo. Tuttavia, se la logica del modello consiste nell'incentivare i finanziamenti puntando a generare degli utili per gli utenti/finanziatori, forse, paradossalmente, ha più senso porsi come una major, per competenze e ambizioni. Oppure si fa leva su motivazioni diverse dal guadagno, e allora va benissimo MyIndieCompany o MyMusicLabelCompany, anche se questo attaccamento al concetto di etichetta costituisce anch'esso un limite alla sperimentazione di logiche e modelli davvero innovativi.

Un gruppo come i Public Enemy ha firmato un contratto con SellaBand: ricercano 250000$ in quote da 25$ per produrre il loro prossimo album. Ai finanziatori offrono una quota dei proventi e una copia numerata del disco.

Levoluzione del p2p dai contenuti musicali ai fondi per produrli prima parte .. Peachy :)

The comments to this entry are closed.

Blog powered by Typepad

Your email address:


Powered by FeedBlitz

Blog Directories

Become a Fan