Su invito di Giacomo Bottà, gli iscritti alla mailing list della IASPM italiana hanno commentato negli ultimi giorni questo video intitolato “I mestieri della musica”: un’illustrazione di cosa sia e come funzioni il settore fonografico, attraverso il racconto del fortunato iter di una band emergente, sponsorizzato dalle associazioni di categoria italiane FIMI, AFI, PMI (all’appello manca Audiocoop, per sua fortuna). I dieci minuti del video offrono una significativa autorappresentazione dell’industria fonografica italiana, pertanto mi sembra interessante riportare sinteticamente le principali osservazioni emerse dalla lista (ovviamente vi consiglio di vedere prima il video, dal link precedente o direttamente in fondo a questo post)
L’ideologia del successo di massa
L’ideologia dei mezzi di produzione: i “programmini casalinghi” vs. i “veri” studi di registrazione
Franco Fabbri e Goffredo Plastino hanno portato all’attenzione della lista il momento in cui il video mostra il commento della cantante sullo scarto fra “ i programmini casalinghi” che il gruppo usava prima di essere scoperto e il fantasmagorico studio di registrazione di cui l'etichetta gli spalanca le porte (quasi fosse un grazioso regalo, mica un costo che dovrà rientrare tramite le vendite dell’album). Da un lato, come osserva Goffredo,“il 'salto' tecnologico come 'salto' di qualità”; dall’altro il tentativo di continuare a legittimare l'esistenza delle imprese fonografiche tradizionali in quanto uniche in grado di consentire l’accesso ai "veri" mezzi di una "seria" produzione. Visto poi che fra i “miti” inseguiti dal gruppo appare anche Fabrizio De Andrè, riporto il commento di Franco: “se una volta Piero Milesi è a Milano e siete in visita, vi porto a vedere ‘il vero studio di registrazione’ dove è nato Anime Salve...”
L’ideologia dell’impresa di produzione, ovvero “stiamo solo lavorando sodo per voi”
Dopo la registrazione si entra nel vivo delle fasi di marketing e di promozione. Tornando alle prime osservazioni, qui è tutto un florilegio di “pianificare come darci la massima visibilità possibile”, “arrivare a quanta più gente possibile” (proponendo anche una curiosa rappresentazione del concetto di marketing…). Peraltro, dopo le osservazioni della cantante riguardo all’importanza “che al pubblico arrivi l’immagine giusta di noi” e del “fare le scelte giuste per arrivare a più gente possibile”, arriva il momento del videoclip "che ci rappresenta così come siamo veramente" (e così, nel 2009, stiamo ancora alla retorica di artisti ed etichetta felicemente congiunti nella comunicazione di "verità" e "autenticità"…). Foto, video, telefonate a radio e televisioni, conferenza stampa, e il gioco è fatto: l’etichetta è riuscita a “proiettare dei perfetti sconosciuti all’attenzione di tutti i media”… Tutto così facile e scontato? Persino quando si lavora su una giovane band esordiente? Scusate ma allora dov’è il problema? E le difficoltà a “rompere il muro mediatico” lamentate da un’infinità di responsabili marketing e promozione di etichette grandi e piccole? E il fatto di non sapere più “cosa inventarsi” per riuscirci? E le trasformazioni di più ampia portata nelle forme e negli strumenti della comunicazione pubblicitaria?
In tutto questo c’è però anche un altro aspetto significativo, colto da Roberto Agostini: il video tende a rappresentare una collaborazione pressoché disinteressata fra il gruppo e lo staff, che si mette al suo servizio per permettergli di “arrivare al massimo della gente”. Da un lato viene nuovamente banalizzata "la complessità delle motivazioni che spingono a fare musica” (Roberto); al contempo rimangono totalmente esclusi dalla rappresentazione gli interessi (legittimi) dell’impresa, sottolineandone invece, sempre a parere di Agostini, la natura di “passaggio indispensabile per valorizzare e rendere mature tali scelte”.
Non poteva poi mancare un’analoga semplificazione sul file-sharing (unico momento in cui cambia la musica che accompagna le immagini, altro momento in cui la protagonista non riesce a dormire…): “se qualcuno scaricherà la mia musica illegalmente io mi sentirò tradita”, in quanto la conseguenza sarà di disincentivare l’investimento sui giovani artisti come lei. Il file-sharing è tutto qui, racchiuso in questa unica e univoca lettura di causa-effetto.
Infine ci sarebbero una serie di divertenti incongruenze segnalate degli utenti che hanno commentato il video in rete: ad es. la cantante avrebbe partecipato a X-factor ma nel video dice “noi non siamo tipi da reality” (che sia una provocazione suicida per alimentare il “buzz”?); uno dei componenti della band sarebbe parente stretto di un noto musicista italiano, ma nel video, prima di essere scoperti, la cantante sostiene quasi rassegnata che “ci vorrebbe la fortuna di incontrare la persona giusta”.
Quindi…
Chiariamo subito una cosa: criticare il video non significa sposare acriticamente ogni discorso e ogni posizione rispetto ai quali si contrappone, in modo più o meno esplicito. Non c’è dubbio che spesso siano eccessivamente enfatici e celebrativi i discorsi sulle tante, nuove, meravigliose opportunità offerte dalle nuove tecnologie, da internet e dai software per fare musica, sul futuro radioso che attende musicisti e appassionati all’interno di scenari utopistici. Io stesso, su questo blog, sono stato piuttosto critico riguardo alla retorica della “novità”, delle “opportunità”, e dei “vantaggi per i musicisti”, con cui si autopromuovono molte piattaforme di crowdfunding. Ho anche criticato gli eccessi apologetici sulle potenzialità del viral marketing. Ancora una volta, però, si risponde alle semplificazioni con altre semplificazioni: un settore sta collassando, ma se facciamo qualche passo indietro, se ridimensioniamo la portata di alcune novità, se reintegriamo i cambiamenti attuali nelle vecchie logiche di un vecchio sistema (come se questo non fosse parte del problema e ignorando che indietro non si torna), magari trovando anche un capro espiatorio esterno, torneremo ad un mondo mitico, pieno di splendide opportunità per tutti. Seriamente, a chi/cosa serve un video che risponde alle semplificazioni con altre banalità?
Buonanotte. Siamo nel 1994, una versione MOLTO idealizzata.
L'unica cosa su cui siamo d'accordo - ne abbiamo parlato a Kublai - è che "Internet ti aiuta solo fino a un certo punto".
Posted by: Alberto Cottica | 09/15/2009 at 11:49 AM