Con il proliferare di contenuti disponibili in rete aumenta la rilevanza culturale ed economica dei meccanismi di ricerca, di raccomandazione e di mappatura della massa di digital contents. Ciò vale ovviamente anche per la musica e per questo motivo è oggetto di grande attenzione e di dibattito quanto avviene nel mondo dei motori di ricerca, degli aggregatori, dei filtri collaborativi e dei social network che mostrano particolare attenzione verso di essa o lanciano iniziative specificamente indirizzate all’ambito musicale.
Google Discover Music (la versione avanzata di Google Music Search) è la nuova opzione di ricerca che Google ha introdotto per ora solo negli Stati Uniti. Il progetto è stato lanciato sulla base di dati che dimostrano quanto la musica ricorra nelle ricerche degli utenti web. Attraverso accordi con partner quali iLike (acquisito da My Space) e Lala (acquisito da Apple), la nuova opzione di ricerca consente di includere nei risultati sia delle audio preview o uno streaming completo (a seconda della licenza che i vari servizi hanno sulle specifiche canzoni), sia link a servizi di vendita e ad altri brani correlati alla ricerca che l’utente potrebbe apprezzare, in questo caso grazie a collaborazioni con Pandora e Rhapsody. Dave Kusek ha criticato questo meccanismo associandolo addirittura ai fenomeni di payola: l’ordine dei risultati e dei link privilegerebbe gli store online che pagano un fee al motore di ricerca, il quale da parte sua non spartisce gli introiti da advertising con chi detiene i diritti sui brani musicali (il che rimanda all’annosa questione dei rapporti economici e di forza fra distributore di traffico e contenuti che alimentano il traffico).
Sta facendo molto discutere anche l’Open Graph di Facebook, API disegnata per consentire al social network e ad altri servizi di condividere i rispettivi “social graphs” che descrivono le relazioni fra utenti e contenuti, ossia di condividere informazioni circa gusti e comportamenti del pubblico. Uno dei plug-ins che attraverso cui passa la raccolta di informazioni poi condivise è il pulsante “mi piace” che può essere installato sui diversi servizi. Fra quelli con cui Facebook ha già preso accordi figurano Yelp, Internet Movie Database e Pandora. L’integrazione con Pandora, e con eventuali altri servizi musicali in futuro, implica che le playlist personali e gli apprezzamenti o le valutazioni negative espressi all’interno di diverse piattaforme vengono integrati nei profili Facebook e condivisi all’interno della rete di contatti di ciascuno. Il social network implementa la propria aspirazione a porsi come principale aggregatore di preferenze e peer reccomandation. Sottolinea Vincenzo Cosenza nel suo blog: "di fatto questo è un nuovo modo di organizzare/ordinare semanticamente la rete che pone Facebook in diretta competizione con Google, che ha imposto il suo modello basato sul pagerank”. D’altra parte l’operazione Open Graph sta subendo pesanti attacchi sul versante della (non) tutela della privacy degli utenti.
L’idea dell’aggregatore di raccomandazioni specificamente musicali è stata esplorata anche Rank’em, sito nato di recente in cui è possibile votare canzoni o vedere le valutazioni dei brani di un’artista. Chi vota è tenuto a indicare anche la propria conoscenza di un’artista, in un range da 1 a 10, in modo che le valutazioni di ognuno vengano ponderate rispetto al grado di familiarità (o meglio di “fanstanding”) con il musicista valutato. L’idea è dunque basata su una modalità di crowdsourcing: tutti beneficiano delle conoscenze e delle competenze della folla. Il grosso limite attuale consiste nel fatto che sono oggetto di valutazione solo gli artisti contenuti nel metadatabase generato dagli utenti di MusicBrainz
I videogiochi stanno supportando in diversi modi l’industria musicale. Ciò vale anche per gli online social games, notevolmente cresciuti nell’ultimo anno: sono più di cento milioni i giocatori quotidiani attivi, considerando solo le prime venti applicazioni di Facebook. Ne è un esempio Music Pets, che ha superato il milione di utenti su Facebook in meno di un mese dal lancio e la cui casa di produzione – Conduit Labs- ha ottenuto un accordo con la Universal e altre etichette per l’utilizzo dei cataloghi. Qui il gioco diventa contesto di creazione e condivisione di esperienze musicali. Tramite ascolti e interazioni con gli avatar degli altri giocatori è possibile scoprire musica e creare le proprie collezioni musicali, nonché, eventualmente, effettuare degli acquisti. Ovviamente la licenza per l’utilizzo dei cataloghi passa dal versamento di una percentuale delle revenues agli aventi diritto. Il meccanismo è ancora però piuttosto macchinoso e la costruzione di una collezione piuttosto lenta, tuttavia questa ed altre produzioni della Conduit Labs costituiscono una interessante sperimentazione di dinamiche di costruzione di senso “della” musica e “attraverso” la musica (e forse anche di piccole economie).
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