Il capitale sociale mobilitato dai singoli musicisti in occasione delle campagne di crowdfunding raramente si trasforma in esternalità per la community. In altri termini: di regola i musicisti che lanciano una campagna per finanziare il proprio progetto, mediante crowdfunding, per prima cosa la segnalano a parenti, amici, mailing list, contatti su Facebook e Twitter e altri sociali media. Gli amici e chi già apprezza il lavoro del musicista contribuiranno in diversa misura alla sua campagna. E a quella soltanto. Vale a dire che pochissimi, fra questi, dedicheranno tempo a guardare altri progetti e relative campagne, ancor meno quelli che vi contribuiranno con ulteriori donazioni (o investimenti, a seconda del caso). Questo, almeno, lo schema che le ricerche indicano come più ricorrente. Rispetto al quale vanno però fatte un paio di precisazioni.
Primo – sulla percentuale dei contatti mobilitati da un’artista che finiscono per finanziare anche altri può incidere, in certa misura, il tipo di piattaforma: siti specializzati su uno specifico ambito espressivo/culturale, meglio ancora su un genere particolare, nonché molto interattive e ricche di contenuti, invogliano maggiormente l’esplorazione da parte degli appassionati, aumentando la possibilità di scoprire progetti interessanti che vale la pena sostenere. Come alternativa può funzionare un sito che ospita progetti anche diversi ma con sezioni ben definite e facilmente navigabili per tipo di progetti. Un aggregatore, insomma, che consenta di non perdersi nella folla dei progetti più disparati. Peraltro proprio la quantità di finanziamenti raggiunta da un progetto nel corso della campagna può funzionare da segnaletica per gli utenti-finanziatori: all’interno di una piattaforma in cui si trovano una gran quantità di creativi - e relativi progetti - in cerca di fondi, anziché guardarli attentamente tutti uno per uno tendiamo ad operare una prima ovvia riduzione di complessità rivolgendo l’attenzione solo a quelli che già hanno raccolto somme significative, un meccanismo quasi inconsapevole di selezione evidenziato, anche in questo caso, da diverse ricerche. Insomma, chi ha più relazioni, e più tempo e capacità per “mobilitarle”, ha più risorse per riuscire far funzionare il crowdfunding anche in ottica promozionale.
Secondo – la principale eccezione al comportamento di finanziamento menzionato è costituita dagli artisti stessi: un po’ per solidarietà nei confronti di chi si trova in situazioni analoghe e condivide gli stessi problemi, un po’ perché sono quelli che passano più tempo sul sito per monitorare e promuovere la campagna e interagire con i finanziatori, sono loro, alla fine, che manifestano una maggiore propensione a sostenere economicamente “altri” progetti, investendo così – a volte in modo molto consapevole, altre meno – proprio sull’aspettativa di reciprocità, cioè sul tipo di relazioni sociali che rappresentano un capitale.
Un’altra eccezione, particolarmente evidente sulla piattaforma Produzioni dal Basso, è rappresentata da persone attive in ambito associazionistico e particolarmente sensibili all’autoproduzione in ambito culturale.
Fatto sta che il problema rimane: il grosso dei finanziatori si mobilita per sostenere solo il progetto su cui vengono direttamente sollecitati, dai musicisti o dai loro amici che si spendono anche nel passaparola. Nessuna esternalità. Come risolvere il problema?
Ci hanno provato gli Honeybird & the Birdies, almeno ad aggirarlo. La band ha lanciato su Kickstarter la campagna “You Should Coproduce” per il loro secondo album. Nello stesso periodo, sullo stesso sito, stava registrando un successo notevole la campagna di Amanda Palmer. Amanda non è un’artista alle prime armi: in ambito strettamente fonografico ha debuttato nel 2002 con le The Dresden Dolls (con le quali ha pubblicato cinque album in tutto) e ad oggi ha all’attivo due album da solista, come indica anche una lunga pagina su Wikipedia che la riguarda (gli Honeybird invece non compaiono su Wikipedia). Per il terzo album, relativi art book e tour, Amanda si è affidata appunto a Kickstarter. Ad oggi la campagna di Amanda ha raccolto $750,427 grazie ai contributi di 15,322 finanziatori (mancano ancora 10 giorni alla chiusura), mentre gli Honeybird & the Birdies sono a $6,557 grazie a 121 finanziatori. Da qui l’idea della cantante degli Honeybird, che il bassista (nonché prezioso collaboratore all’università) Federico Camici mi ha raccontato più o meno così: la sua idea è stata ‘scriviamo ad Amanda e diciamogli’ “cara Amanda, visto che siamo sulla stessa barca ecc…, che anche noi…, e visto che tu stai andando così forte, perché non ci aiuti parlando del nostro progetto ai tuoi fan finanziatori?”. Amanda l’ha fatto. Il risultato però è che Amanda è riuscita a spostare solo 1 dei suoi 15.322 finanziatori…
Poco male: a tre giorni dalla chiusura della campagna gli Honeybird hanno comunque già superato l’obiettivo prefissato di 6000 dollari (al momento sono a 6577). Anzi, avete ancora tempo per donare: se li aiuterete a raggiungere i 7000 hanno promesso di fare un concerto in Campidoglio per protesta verso le delibere dell’amministrazione Alemanno riguardanti gli artisti di strada. E già che ci siamo vi segnalo anche un’altra interessante campagna, questa sulla piattaforma italiana Produzioni dal Basso, “Musiche per colonie extrasolari” dei Cobol Pongide : con l’acquisto di cinque quote i Cobol offrono, oltre ai CD, una foto polaroid con ringraziamenti dal frontbot Emiglino Cicala “da utilizzare come lascia passare in caso di ribellione robotica o anche solo come foto ricordo se la ribellione non ci dovesse mai essere”, mentre con 8 un “cd campioni bending panorami sonori (se vuoi fare il fico coi tuoi campioni di circuit bending senza respirare il piombo delle saldature: lo respireremo noi per te).
Se vi interessa l’argomento, di questi ed altri aspetti inerenti il crowdfunding parlo in un saggio pubblicato sulla rivista “Studi Culturali” (3/2011) e in altri due articoli, di cui uno come coautore, di cui spero potervi segnalare presto la pubblicazione.