Nelle disamine delle trasformazioni musicali viene spesso ricordato quanto, da più di venti anni, i videogiochi abbiano rosicchiato fette di mercato dell’entertainment domestico alla musica registrata. D’altra parte almeno da dieci anni si sono moltiplicate le intersezioni fra i due ambiti, nell’ottica di sinergie di reciproco beneficio.
Già in un post di quattro anni fa evidenziavo come i videogiochi rappresentino oggi sia un mercato che uno strumento di marketing per il settore fonografico. Non solo per guitars heroes e band storiche ma anche per le nuove uscite di nomi meno noti, utilizzate per le sonorizzazioni dei videogiochi. Nel primo caso videogiochi musicali, nel secondo videogiochi che utilizzano la musica come sfondo ma non incentrati su di essa. Le possibilità di speriementare nuove integrazioni sono state ulteriormente ampliate dall’esplosione delle app-game embeddabili sui social network.
In quest’ultimo ambito costituisce una novità un videogioco musicale che sfrutta nuove produzioni di artisti indipendenti, significativamente chiamato Rockstar Rising. Ancora più significativo il fatto che il gioco sia stato creato da Whotune, servizio musicale attivo nell’offerta di strumenti per la promozione e la distribuzione agli artisti indipendenti. Un tipico soggetto che già nella mission si definisce rappresentativo della “nuova industria musicale”. E se un tempo le etichette tradizionali utilizzavano le compilation per dare visibilità a nuove scene o a nuovi musicisti, oggi i nuovi servizi musicali creano e lanciano dei videogiochi che comprendono la musica del proprio catalogo (ossia dei musicisti utenti del servizio).
Il gioco sviluppa una particolare
declinazione, ancora non molto innovativa, dell’idea di proporre in
modi inediti la musica al pubblico partecipativo e performativo dei nuovi prosumer: non
opera da ascoltare ma strumento, appunto, con cui giocare. Si tratta di un
gioco di ruolo che consente ai giocatori di impersonare un musicista impegnato
nella costruzione della propria carriera, attraverso ogni tipo di scelta ma
soprattutto attraverso apprendimento ed esecuzione dei brani degli artisti di
Whotune. Il gioco inoltre integra diverse possibilità di interazione con i
propri contatti sui social network e offre
ai giocatori anche l’opportunità di comporre e
suonare la propria musica.
Da un lato, dunque, il videogioco enfatizza due aspetti che caratterizzano il sistema musicale attuale: self-management e centralità del live nella costruzione della carriera musicale. Dall’altro è relativamente innovativo nella misura in cui non consente una riappropriazione realmente creativa della musica ma si configura come gioco di ruolo ancorato al mito e all’appeal della “rockstar” tradizionale.
L’esperimento è certamente intelligente e interessante, a rischio però di un paradosso: mentre l’app propone di giocare a diventare delle rockstar, la funzione promozionale che ne costituisce il fondamento e l’obiettivo ultimo avrà la capacità di trasformare realmente in rockstar i musicisti che si affidano al servizio? E quali sono gli sbocchi di mercato di questo tipo di promozione, in un contesto in cui la vendita di musica registrata non sembra essere il business su cui puntare?
Pero' a me viene da chiedermi anche:
si tratta di forme di promozione per le band che partecipano al servizio oppure il servizio a sua volta ha lo scopo di invogliare sempre piu' gruppi ad iscriversi al sito? In altre parole: un videogioco del genere produrra' interesse negli ascoltatori o forse avra' l'effetto, eventualmente, di incrementare il numero di band che si iscriveranno a Whotune foraggiando quantitativamente la comunita' cosi' da rendere piu' appetibili i propri "spazi pubblicitari"?
d'altro canto se e' vero che la vendita di musica registrata non e' piu' l'obbiettivo primario dell'industria musicale che si sta riconvertendo, al pari non mi sembra che in forma alternativa o indipendente le attivita' degli intermediari (labels e booking) sia diminuito. Al contrario! Mi pare che gli "smistatori" che nel calderone dell'offerta musicale fanno la differenza (fanno cioe' il lavoro per il pubblico separando "offerta di qualita'" da dilettantismo) continuino a restare questi intermediari piu' o meno ufficiali.
Posted by: Cobol Pongide | 04/29/2013 at 02:59 PM