C’erano una volta cd e compilation gadget con il logo del brand, testimonial, sponsorizzazioni dei tour e product placement (la bevanda o l’orologio mostrati nei videoclip). Accostamenti facili e sicuri per comunicare con un pubblico, oggi definiti “superficiali” dai responsabili marketing. C’erano e ci sono ancora, tuttavia i nuovi orientamenti del marketing tendono verso diverse forme di endorsment e di coinvolgimento dei brand nel settore musicale. I rischi legati alla maggiore esposizione del retroscena delle marche, alla conversazione pubblica e allargata in cui vengono discusse loro scelte e comportamenti e valutata la loro credibilità, inducono a ricercare un tipo di relazione più “profonda”. “Autenticità” è diventata una parola chiave nel lessico delle strategie di marketing.
Le marche “sposano” la creatività di alcuni musicisti: la Polaroid assume Lady Gaga come direttore creativo, David Guetta collabora allo sviluppo delle cuffie per DJ “Beats Mixr” e i Daft Punk alla serie speciale di “DaftCoke”. In tutti i casi, appunto, una nuova relazione: non una semplice presenza – di un logo o di un prodotto nel contesto della star, della star nello spot o in un evento della marca – ma una collaborazione creativa.
Dal collaborare all’abilitare il passo è relativamente breve: produrre, supportare i musicisti, trasformarsi in modo sempre più completo in player musicale – anziché semplice sponsor - in un momento in cui i player tradizionali soffrono una crisi non solo economica ma soprattutto di legittimazione del loro ruolo di produttori e intermediari delle espressioni creative. Dunque: organizzazione diretta di festival e tour, siti con sezioni dedicate a informazioni e contenuti musicali, in-store showcase, produzione di musicisti affermati, scouting e produzione di nuovi artisti. Ultimi esempi in tal senso l’accordo fra Coca Cola e Music Dealers – startup dedicata all’aggregazione e al licensing online di artisti emergenti - e l’evoluzione del coinvolgimento della Toyota nella musica attraverso il marchio Scion. Per tre anni la Coca Cola potrà utilizzare nelle proprie campagne internazionali la musica degli iscritti al servizio web. La recente decisione della Toyota di produrre gli album, i video e i tour di venti artisti appare invece come un’estensione del costante supporto del marchio Scion a musicisti e generi di nicchia, dal grindcore al moombathon. Qui non si tratta della trasformazione della Toyota in un’etichetta musicale ma dell’intervento nel settore musicale di un player con un differente modello di business: la proprietà del master rimarrà ai musicisti e la musica sarà distribuita gratuitamente, l’operazione rientra interamente nelle strategie di marketing del marchio automobilistico. La cui efficacia rimane tutta da verificare: tramite il sostegno a generi musicali di nicchia la Scion mira a un pubblico dai 18 ai 24 anni mentre l’età media degli acquirenti è di 37 anni.
Ad essere “abilitati” non sono necessariamente solo gli artisti. Nel 2009 la compagnia di telecomunicazioni O2 ha sostituito il marchio di birra Carling nella sponsorizzazione dei locali della catena Academy Music, sviluppando una serie di iniziative per i fan volte ad abilitare una diversa esperienza del live e una relazione una più stretta con i performer. Sempre in ambito live sono sempre più articolati e differenziati gli interventi di brand da tempo operanti in ambito musicale, come Heineken (che ha persino supportato campagne di educazione musicale all’interno di particolari comunità) e Red Bull.
Naturalmente non può mancare l’abilitazione delle espressioni creative dei dilettanti, ossia la fascia in cui si collocano soprattutto la pletora di iniziative a metà fra talent contest e crowdsourcing, da una recente campagna Smirnoff alla Stark Campaign della Sprite (2010), che promuoveva la creazione di propri brani o il remix di contenuti musicali forniti dal rapper canadese Drake attraverso un mixer online interattivo.