Pandora è un servizio amato e apprezzato, purtroppo da più di quattro anni circoscritto agli Stati Uniti. Ciononostante continua, da tempo, ad essere sull’orlo del collasso finanziario, esemplificando uno dei problemi tipici con cui si confrontano i servizi gratuiti ad-based. In realtà Pandora offre anche un servizio in versione premium, a pagamento e senza pubblicità, ma l’87% dei suoi ricavi proviene dalla vendita di pubblicità. Nonostante le cifre siano buone (circa 119 millioni di dollari) non sono sufficienti a generare profitti a causa degli alti costi operativi, in particolare il costo delle licenze per lo streaming musicale: circa il 45% dell’intero fatturato. Il vero problema è che allo stato attuale Pandora sembra in un vicolo cieco, in quanto i costi aumentano all’aumentare dei ricavi.
Jim Edwards spiega così il problema su CBSNews: per Pandora un maggior numero di utenti e di tempo sul sito significano più introiti pubblicitari ma anche più fruitori di musica e più musica ascoltata. Quindi gli introiti crescono insieme ai costi connessi alle licenze. Inoltre il pagamento della sottoscrizione nella versione premium fa leva proprio sull’assenza di pubblicità, quindi una fonte di ricavi esclude l’altra.
Quali soluzioni possibili? Sempre secondo Edwards: aumentare il prezzo per gli inserzionisti o la quantità di pubblicità, aumentare il prezzo delle sottoscrizioni o chiedere percentuali più alte dalle vendite di musica generate tramite clickthrough dal proprio servizio, product placement.
Altre idee?